La Storia e le storie

E' vero che Il Nome della Rosa è stato girato alla Sacra? Quante volte ci è stato chiesto da qualche visitatore che, con il naso all'insù, cercava di scorgere la fine dello scalone dei morti e di capire cosa l'aspettava nella luce abbagliante oltre il varco del Portale dello Zodiaco. Questo è quello che scrive Umberto Eco in una lettera al Rettore dell'Abbazia datata il 20 febbraio 1995. "Caro Rettore ...

Poco prima dell'anno 1000 due nascenti istituzioni, pressappoco coetanee, fecero la loro comparsa nelle Alpi occidentali, una di qua l'altra al di la delle Alpi, presto le vicende storiche le portarono ad operare sullo stesso territorio. Parliamo dell'Abbazia di San Michele della Chiusa e della dinastia Sabauda, che per oltre un millennio si influenzarono vicendevolmente.

Nel XI e XII secolo quando l'Abbazia raggiunse il suo massimo splendore, i Conti Sabaudi cercarono in essa l'appoggio per favorire l'espansione del loro potere verso il Piemonte, a tal fine le concessero di estendere il controllo su Giaveno e sul suo territorio.

Nel XIII secolo vennero eletti alcuni Abati discendenti di casa Savoia o di famiglie sottomesse ad essa, ricordiamo GuglielmoII de la Chambre, Rodolfo di Mombello e Guglielmo III fratello di Filippo d'Acaia, che riuscirono a conservare un certo rigore morale all'interno del monastero e dare un po' di lustro all'Abbazia ricevendo incarichi prestigiosi, ma la loro attenzione era rivolta più al potere temporale e a favorire l'espansionismo Sabaudo.

Nel XIV secolo nell'Abbazia si manifestarono segni di rilassatezza morale e difficoltà economiche, il conte Amedeo VI di Savoia ottenne dal papa Clemente VII (per la verità era antipapa con sede ad Avignone) il diritto di protettorato dell'Abbazia, che divenne commenda controllata da abati commendatari nominati dai Savoia. Detti Commendatari non avevano l'obbligo di residenza nel monastero, delegavano al Priore la gestione interna e si dedicavano alla gestione delle rendite di cui ancora godeva l'Abbazia. Alcuni si interessarono della conservazione degli edifici, altri presi da altre attività, forse non salirono mai sul Pirchiriano.

Nel 1523 il Duca Carlo II introdusse una guarnigione militare nell'Abbazia, questa fu la causa di ripetute invasioni militari prima degli spagnoli poi dei francesi che videro in essa una fortezza.

Un altro discendente Sabaudo, il cardinal Maurizio fratello del duca Vittorio Amedeo I, divenne abate commendatario nel 1611, nel 1622 dopo avere tentato senza esito di risollevare la situazione favorendo le vocazioni religiose, richiese e ottenne dal papa Gregorio XV la soppressione della vita monastica e i tre monaci ancora presenti vennero trasferiti nella Canonica di Giaveno.

L'istituzione abbaziale continuò ad esistere con l'avvicendamento degli abati commendatari che, regolarmente eletti dai Savoia fino al 1836, riscuotevano le rendite delle dipendenze abbaziali seppure andavano via vai disperdendosi.

Nel 1826 il re Carlo Felice fece eseguire numerosi interventi nella chiesa e nel monastero per rendere accoglienti i locali, portò una comunità di monaci Certosini. Tuttavia essi rimasero solo tre anni poi lasciarono il monastero, perché ritennero che il luogo non si adattasse alla loro regola monastica.

Probabilmente l'obbiettivo Sabaudo era quello di creare un Sacrario per gli antenati della casa, come fu realizzato a Hautcombe nella Savoia,oggi territorio francese.

Nel 1836 il progetto fu ripreso da re Carlo Alberto, che propose a Rosmini di istituire una Comunità di religiosi per riportare la spiritualità nell'antica abbazia di San Michele della Chiusa, che in quel periodo acquisì la denominazione di Sacra di San Michele. Un altro obbiettivo di Carlo Alberto sarebbe stato di costruire una Casa di riposo per persone anziane di rango, assistite spiritualmente dai religiosi, ma non fu realizzato.

Venne invece realizzata la creazione di un Sacrario per principi Sabaudi. Nello stesso anno in cui si stabilirono i Rosminiani alla Sacra, Carlo Alberto fece trasportare dal Duomo di Torino 24 salme di principi Sabaudi, sistemate provvisoriamente ai lati dell'altar maggiore; Vittorio Emanuele II nel 1855 le fece collocare nelle cappelle primitive rivestite in marmo, sotto la chiesa. Ma dopo gli ultimi restauri, nel1937 furono rimosse per essere collocate nei 16 sarcofagi all'interno della chiesa.

Tra il 1884 e 1886 in seguito a violenti terremoti la chiesa fu danneggiata e i Savoia si sentirono in dovere di salvaguardare la costruzione divenuta adesso Sacrario Sabaudo, incaricarono l'architetto D'Andrade di studiare i problemi di stabilità dell'edificio; egli progettò interventi radicali come la costruzione dei 4 pilastroni e i relativi archi rampanti che risolsero i problemi di stabilità ma alterarono l'originalità di una parte delle costruzioni medioevali. Tuttavia senza questi interventi forse la chiesa sarebbe andata incontro a crolli con danni irreparabili.

I restauri terminarono nel 1936 durate il regno di Vittorio Emanuele III e fu posata una lapide ricordo all'interno della chiesa, che oggi, insieme ai 16 sarcofagi ci sottolinea il legame intercorso nei secoli tra l'antica Abbazia e la dinastia Sabauda.

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